giovedì 29 ottobre 2015

Difendere Torcello per salvare Venezia


VENEZIA. Gli studiosi americani guardano Venezia come missione impossibile, o quasi. Ieri pomeriggio, nel corso del convegno «Salvare Venezia con l’archeologia», organizzato a Ca’ Dolfin dall’Università Ca’ Foscari in collaborazione con l’Università americana di Standford, la direttrice del Dipartimento di Archeologia Lynn Meskell, ha espresso preoccupazione nei confronti della città, a partire dal report dell’Unesco che potrebbe dichiarare Venezia patrimonio a rischio.
Standford sta collaborando da molti anni agli scavi di Torcello, coordinati dall’archeologo veneziano Diego Calaon, vincitore della prestigiosa borsa di studio Marie Curie. «Gli scavi di cui si parla» ha detto la docente «avrebbero un impatto nefasto ed è per questo che molti veneziani protestano. Sono loro che per primi hanno a che fare con i problemi della città che vede uno spopolamento continuo, ma un giro di business di alberghi da un miliardo l’anno. Tra le componenti naturali come l’innalzamento dei mari e l’intervento dell’uomo come le grandi navi, Venezia rischia di essere impossibile da salvaguardare».
Il tema del convegno era come il passato può influire nel futuro, a partire da un nuovo approccio archeologico che unisce antropologia ed ecologia, ricostruendo l’ambiente veneziano di secoli fa. Un ambiente che non distava molto dall’attuale dato che la laguna, grazie alla sua strategica posizione vicino al mare e alle isole rigogliose di alberi, rappresentava un luogo dove i ricchi investivano, senza pensare alle conseguenze.
«Salvare Torcello» ha detto l’assessora al Turismo Paola Mar «è salvare Venezia. L’amministrazione sta cercando di farlo con la disponibilità che ha, cercando prima di tutto di alzare le coscienze rispetto al problema del turismo». Il soprintendente Francesco Trovò, referente del sito Unesco «Venice and its Lagoon», ha detto che l’Unesco non ha soldi, ma non per questo non fa sentire la propria voce: «Con tutti i problemi che questa città ha» ha detto «dalle botteghe che chiudono ai vaporetti pieni, bisogna responsabilizzazione tutti perché nel corso degli anni si è visto


che di fronte ai soldi c’è un’incapacità cronica di avere una visione sostenibile e lo si vede dalla situazione attuale di grande emergenza». La soluzione? Incrementare i processi di coinvolgimento dei cittadini, gli unici che possono ancora salvare la laguna.
Vera Mantengoli





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